Scrivere di persone in disgrazia e scoprire quel subdolo sentimento di godimento in chi legge

Scrivere di persone in disgrazia e scoprire quel subdolo sentimento di godimento in chi legge


Spesso capita, nel mio lavoro di cronista, di dare spazio a vicende umane di persone rimaste sole senza nulla. Senza soldi, senza lavoro, senza casa, senza famiglia. Lo faccio perché ritengo giusto farlo e perché, non si sa mai, qualcosa potrebbe cambiare per quelle persone. E anche per evidenziare uno spaccato di realtà che oggigiorno anima le nostre città. Quello di essere sempre più vuote, vissute da persone che non si accorgono di quel che accade attorno. Qualche volta è successo che un mio articolo abbia cambiato la loro vita, nella maggior parte dei caso il mio intervento non ha risolto nulla. Del resto ci sono gli enti preposti che lavorano sapientemente, con professionalità ed elevatissima umanità per tentare di risolvere i casi disperati (sono un po’ ironico dai..). L’ho sempre fatto fin dall’epoca della carta stampata, ma adesso con i social che hanno una potenza assoluta e fanno da cassa di risonanza ad ogni articolo che propongo, sta emergendo con forza quello che mai mi sarei aspettato di vedere.

Ovvero quell’inconscio e subdolo godimento che si prova quando assistiamo ai fallimenti altrui. Intendiamoci bene, non è così per tutti. Ma per molti è così. Capita anche nello sport quando gioiamo perché la squadra avversaria, che nemmeno ha giocato contro la nostra, perde. Insomma, proviamo benessere quando incrociamo qualcuno che non ce la fa più. Negli ultimi tempi ho scritto parecchi articoli dando voce a persone cadute in disgrazia economica che faticano a trovare un alloggio e vivono come degli zombi a spasso per le città in cerca di qualcosa che non arriverà mai. Una situazione che si sta sempre più espandendo e non c’è bisogno di andare a Milano Centrare per accorgersene. La reazione di molti verso queste persone è negativa per arrivare a sentenziare che “se è finito nella m…. è perché se l’è cercata lui”. E come potremmo dare torto a questi giudici del nostro tempo? Andando ad indagare sulle azioni commesse dai personaggi finiti male troviamo un po’ di tutto. C’è chi ha fatto uso di droghe andando a sperperare anche quei pochi soldi che aveva da parte, c’è chi ha provato con la malavita, c’è chi si è dato al gioco mandando in malora famiglia, baracca e burattini. C’è chi manco ci prova a cambiare. E allora sorge spontanea la domanda. Ma per quale motivo dovremmo aiutare siffatte persone quando sarebbe meglio sostenere chi si è fatto un mazzo tanto senza fare del male a nessuno? Se poi è pure difficile aiutarli allora che vadano all’inferno.

Quando racconto storie di miseria solitamente non mi chiedo il pregresso della loro vita. Da raccontare pubblicamente mi interessa il presente. E non posso certo pretendere che mi dicano la verità, non sono certo il loro confessore. Di solito l’antefatto (droga, rapine, furti, soldi sperperati in prostitute, gioco eccetera) me lo fanno notare gli altri. “Guarda che il Tizio di cui hai scritto ne ha combinate diverse, è giusto che rimanga nella sua miseria”. E giusto? Ma chi ci dice quello che è giusto o sbagliato? E chi emana sentenze cosa ha fatto della sua vita? Se dovessimo fare una classifica di chi ne ha combinate, ne verrebbero fuori di sorprese. Ma questo genere di classifiche non ci interessano e non le faremo mai. Quello che continueremo a fare, (e questo vale solo per chi scrive, naturalmente) è dare voce anche a chi non ce la fa più in una società che gode dei fallimenti altrui.

Graziano Masperi

Lascia un commento