Un tuffo nel passato: la cena della leva del ’70 di Pun’vecc’.
C’è un rito che si rinnova di anno in anno nel cuore di Pontevecchio, un appuntamento fisso che lega indissolubilmente un folto gruppo di amici, ed è la cena della leva del ‘70. Posso asserire senza smentita che si tratta di una serata speciale, un viaggio nel tempo che riporta tutti insieme, a condividere ricordi e sorrisi. E in quel momento si apre una porta magica e per noi è come tornare bambini. Come dicevo ci rivediamo, raccontiamo le nostre vite, e per un po’ il mondo sembra fermarsi. È un viaggio nel tempo, un’occasione per ripercorrere le tappe di una vita, rivivere aneddoti divertenti e commoventi, che rafforzano un’amicizia che resiste al passare degli anni. Potrei dire che è come sfogliare un vecchio album di fotografie, perché ogni volto, ogni storia, è un pezzo del nostro passato. È la consapevolezza di appartenere ad un gruppo unico, speciale, un tesoro che custodiamo gelosamente.
Intorno a una tavola imbandita, noi coscritti, uomini e donne legati da un filo invisibile, quello dell’anno di nascita, che ci ha visti crescere insieme, condividiamo gioie e dolori. C’è chi di noi è rimasto a vivere in paese, chi invece si è trasferito nei dintorni e chi ha intrapreso avventure più lontane. Ma tutti, almeno una volta l’anno ci ritroviamo per questa cena, che è molto più di un semplice pasto.
Matteo e Alberto si prodigano a ogni evento nella ricerca della location più idonea, e al dono per le donzelle sempre di particolare eleganza. Senza dubbio sono loro il collante della festa.
È un’occasione per fare il punto della situazione, per chiacchierare di come sono cambiate le nostre vite dal precedente incontro, per raccontarsi le novità, le fatiche e le soddisfazioni. Per chi si vede spesso, è un modo diverso di incontrarsi, per chi invece si incontra più raramente, è un’occasione per riallacciare i fili di un’amicizia che il tempo non ha scalfito.
Ma senza ripetermi notevolmente, la cena della leva è soprattutto un tuffo nel passato. Si rievocano aneddoti, si spolverano ricordi, a volte divertenti, a volte più seri, si ricordano luoghi ed esperienze che come un treno a vagoni noi discorsi senza fine. È un momento di condivisione, di complicità, un abbraccio collettivo che scalda il cuore che non vorremmo finisse, forse perché in quel momento non invecchiamo. Non ci vediamo argentei, non vediamo le rughette del tempo che segnano le nostre gote o il contorno degli occhi, non sentiamo neppure l’acciacco dell’età, noi in quel momento siamo fermi in un limbo inspiegabile, inspiegabile solo per chi non lo ha mai vissuto.
“Noi siamo ancora qui”, canterebbe Vasco Rossi, oppure come commenta Matteo nella chat del grandioso gruppo del ’70, “il bello deve ancora venire” dal brano di Luciano Ligabue, queste dunque potrebbero essere le frasi di un motto per questi incontri. Noi coscritti di Pontevecchio, con questa tradizione, che si ripete da ben 35 anni, dimostriamo di essere ancora uniti, di volerci bene, di sentirci parte di una comunità oltre la comunità. E con forza dico, chissà per quanti altri anni continueremo a ritrovarci, per raccontarci, a brindare alla nostra amicizia. Questa è l’essenza del ritrovarsi. Questo “rito” dovrebbe essere un esempio per le nuove generazioni e che possano trovare ispirazione nel nostro esempio. L’amicizia è un valore fondamentale, un bene prezioso che va protetto e nutrito.
E così, anno dopo anno, la cena della leva del ’70 si ripete, diventando un appuntamento imperdibile o quasi. Un rito che dovrebbe tramandarsi di generazione in generazione per valorizzare il valore dell’amicizia, della condivisione e del ricordo.
Auguro a tutti i gruppi della leva di trovare fari di giunzione, come noi abbiamo Matteo, Alberto, Marco (e mi fermo per non scrivere una lista e dimenticare qualcuno), che si prodigano anno dopo anno a organizzare la festa perché anche questo è parte del nostro segreto che ora ho condiviso con voi lettori.